Girolamo ZanchiGirolamo Zanchi (1516–1590)

III. – L’IMMUTABILITÀ, CHE È ESSENZIALE IN LUI E NEI SUOI DECRETI

AFFERMAZIONE 1. – Dio è essenzialmente immutabile in Se Stesso. Se fosse diversamente, Egli sarebbe apertamente imperfetto, poiché chiunque muti deve mutare o per il meglio o per il peggio; qualunque alterazione subisca un qualunque essere, quell’essere deve, ipso facto, o divenire più eccellente di quanto fosse, o perdere qualcosa dell’eccellenza che possedeva. Ma nessuna di queste cose può avvenire nella Deità: non può mutare in meglio, perché ciò necessariamente implicherebbe che Egli prima non fosse perfettamente buono; non può mutare in peggio, perché allora Egli non sarebbe perfettamente buono dopo quel mutamento. Ergo, Dio è immutabile. E questa è la voce costante della Scrittura.
“Io sono l’Eterno, non muto;” (Mal. 3:6).
“…presso il quale non vi è mutamento né ombra di rivolgimento. ” (Gm. 1:17).
“Ma tu sei sempre lo stesso e gli anni tuoi non avranno mai fine.” (Sal. 102:27).

AFFERMAZIONE 2. – Similmente, Dio è assolutamente immutabile rispetto ai Suoi propositi e alle sue promesse.
“Dio non è un uomo, perché possa mentire, né un figlio d’uomo, perché possa pentirsi. Quando ha detto una cosa, non la farà? O quando ha dichiarato una cosa, non la compirà?” (Num. 23:19)
“La Gloria d’Israele non mentirà e non si pentirà, perché egli non è un uomo che si pente.” (1 Sam. 15:29)
“Ma egli non ha uguali, e chi mai può farlo cambiare? Ciò che egli vuole, lo fa.” (Gb. 23:13).
“Io, l’Eterno, ho parlato; la cosa avverrà, io la compirò; non indietreggerò, non avrò compassione, non mi pentirò.” (Eze. 24:14)
“…perché i doni e la vocazione di Dio sono senza pentimento.” (Rom. 11:29).
“Se siamo infedeli, egli rimane fedele, perché egli non può rinnegare se stesso.” (2 Tim. 2:13).

Per proposito o decreto di Dio, noi intendiamo il Suo determinato consiglio con cui Egli da tutta l’eternità preordinò tutto ciò che avrebbe compiuto, o avrebbe permesso che fosse compiuto, nel tempo. In particolare, significa la Sua ordinazione di alcuni uomini alla vita, e di altri alla morte, la quale ordinazione proviene completamente dalla Sua libera e sovrana volontà.
“(infatti, quando non erano ancora nati i figli e non avevano fatto bene o male alcuno, affinché rimanesse fermo il proponimento di Dio secondo l’elezione e non a motivo delle opere, ma per colui che chiama), le fu detto: «Il maggiore servirà al minore», come sta scritto: «Io ho amato Giacobbe e ho odiato Esaù».” (Rom. 9:11-13).

L’apostolo, poi, nelle parole che seguono, anticipa un’obiezione, che egli prevedeva sarebbe stata sollevata dagli uomini dalla mente corrotta: “Che diremo dunque? C’è ingiustizia presso Dio?” a cui risponde con, “Così non sia!” e definisce tutto il rapporto di Dio con le Sue creature all’interno della Sua sovrana e indipendente volontà, perché Egli disse a Mosè, “Io avrò misericordia di chi avrò misericordia, e avrò compassione di chi avrò compassione”.

Noi affermiamo che i decreti di Dio non solo sono immutabili rispetto a Se stesso, essendo incompatibile con la Sua natura alterare i Suoi propositi o mutare la Sua opinione; ma essi sono ugualmente immutabili rispetto agli oggetti di quei decreti, così che qualunque cosa Dio abbia determinato, riguardo ogni persona o cosa individuale, sarà sicuramente e infallibilmente realizzata in e sopra di essi. Dunque, vediamo che Egli veramente mostra misericordia a chi Egli ha decretato di mostrare misericordia, e indurisce chi Egli ha deciso di indurire (Rom. 9:18); “Il mio piano sussisterà e farò tutto ciò che mi piace” (Isa. 46:10). Di conseguenza, la Sua predestinazione eterna degli uomini e delle cose deve essere immutabile come Lui, e, lontana com’è dall’essere reversibile, non può ammettere mai la minima variazione.

AFFERMAZIONE 3. – “Sebbene”, per usare le parole di Gregorio, “Dio non si discosti mai dai Suoi decreti, tuttavia Egli spesso varia le Sue dichiarazioni”: i primi sono sempre sicuri e inamovibili; le ultime a volte sembrano discordanti. Così, quando Egli emise la sentenza contro i Niniviti per mezzo di Giona, “Ancora quaranta giorni e Ninive sarà distrutta”, il senso delle parole non è che Dio in modo assoluto, al termine di quel periodo, intendesse distruggere la città, ma che se Dio avesse dovuto agire su quel popolo secondo quanto meritavano, essi sarebbero stati totalmente estirpati dalla terra, e avrebbero dovuto essere estirpati in quel modo se non si fossero ravveduti.

Similmente, quando disse al Re Ezechia mediante il profeta Isaia, “Metti in ordine la tua casa, perché morirai e non guarirai” (Isa. 38:1), il senso era che rispetto alle cause seconde, e considerando il cattivo stato di salute e la costituzione emaciata del re, egli non poteva, parlando in termini umani, vivere molto a lungo. Ma nondimeno gli eventi dimostrarono che Dio aveva immutabilmente determinato che egli dovesse vivere altri quindici anni, e a quello scopo gli mise in cuore di pregare per la benedizione decretata, proprio come, nel caso di Ninive, menzionato più tardi, Dio aveva deciso di non distruggere la città in quel momento; e, affinché si realizzasse il Suo proposito in un modo degno di Sé, rese il ministero di Giona il mezzo attraverso cui condurre quel popolo al ravvedimento. Tutto questo, così come mostra che la predestinazione assoluta di Dio non evita l’uso di mezzi, ugualmente dimostra che, per quanto varie possano apparire le dichiarazioni di Dio (ovvero, quando procedono rispettando le cause naturali), i Suoi consigli e intenti rimangono saldi e inamovibili, e non possono ammettere alterazioni nella loro natura, né impedimenti nella loro esecuzione. Questo è spiegato ulteriormente da Bucero in Rom. ix, dove troverete la certezza dell’ordine Divino fermamente affermata e inconfutabilmente difesa.

(Tratto da http://www.truecovenanter.com/gospel/zanchius_absolute_predestination.html)


Girolamo Zanchi (2 Feb. 1516 – 19 Nov. 1590) fu un teologo e riformatore protestante Italiano. Nato in una nobile famiglia lombarda, entrò nell’ordine agostiniano dove studiò Aristotele, lingue e teologia. Completati gli studi, si trasferì a Lucca dove, sotto l’influenza di Pietro Martire Vermigli, studiò teologia attraverso gli scritti dei padri della Chiesa e dei riformatori, in particolare di Martin Bucero, Filippo Melantone, Martin Lutero e Giovanni Calvino. Costretto dall’inquisizione romana a lasciare l’Italia, nel 1552 si trasferì a Strasburgo, dove insegnò Antico Testamento. In seguito si spostò ad Heidelberg per insegnare alla cattedra in precedenza occupata da Zaccaria Ursino, dove morì nel 1590.

Zanchi ha lasciato numerose opere tra cui spiccano De Religione Christiana Fides e il De Prædestinatione, che nel 1769 fu adattato in Inglese da Augustus Toplady con il titolo di The Doctrine of Absolute Predestination Stated and Asserted. Quest’opera ebbe un larghissimo successo, ma causò anche la violenta reazione polemica da parte di John Wesley, contemporaneo di Toplady e accanito sostenitore dell’Arminianesimo.

Il capitolo qui riprodotto è tratto dalla raccolta di scritti di Zanchi pubblicata da Augustus Toplady.

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